Il ritorno a casa
È difficile immaginare l'impatto emotivo dell'internamento sugli internati e i loro familiari. Il ritorno a casa fu un momento di grande emozione, con lacrime, gioia, sollievo, e in taluni casi angoscia. Gli internati incontrarono mogli e figli che non vedevano da un anno o più. Dopo il ritorno, le famiglie ripresero meglio che potevano la routine quotidiana: guadagnarsi da vivere, gestire un'impresa, crescere una famiglia.
Ma molti internati soffrirono. I più anziani rimasero a lungo disoccupati, e spesso subirono la perdita di un precedente status di maggiorenti della comunità. Doversi rifare una vita lasciò alcuni internati amareggiati per l'internamento. La rabbia a volte si manifestò in casa. Alcuni padri tornarono dal campo più rigidi e meno affettuosi. Altri tornarono come le ombre di sé stessi. Vi furono anche cambiamenti nel fisico, con internati dimagriti o incanutiti.
Una minoranza trovò tollerabile il tempo passato al campo, apprezzando il fatto di ricevere vitto e alloggio e di non dover affrontare le fatiche quotidiane della vita da immigrati. Una cosa che gli internati ebbero in comune fu la riluttanza a parlare in famiglia dell'esperienza dell'internamento. Preferirono dimenticare. Alcuni ricordarono i tempi passati “in collegio” con gli ex compagni di prigionia. Ma più spesso non discussero affatto della questione. Per molte famiglie, l'internamento fu un argomento tabù.